I sogni secolari di Tonina Garofalo

Sigmund Freud, nel lontano 1908, affrontando il tema della fantasia poetica, indicava con l’espressione sogni secolari le creazioni della psicologia popolare, e cioè i miti, le leggende e le favole; esse venivano definite da Freud: «le fantasie di desiderio [….] della giovane umanità».

Abbiamo scomodato il fondatore della psicoanalisi, perché ci sembra che il richiamo ai suoi sogni secolari offra uno spunto interessante per la lettura dei quadri di Tonina Garofalo. Ma procediamo con ordine.

Personalità d’artista ben definita, e lo si coglie chiaramente attraverso l’evoluzione della sua pittura dal ’72 ad oggi, Tonina Garofalo, allieva di Gentilini, unisce, sin dai suoi esordi, la passione del dipingere allo studio dell’arte; ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma prima, insegnato «Figura disegnata» presso il Liceo Artistico Statale di Cosenza poi.

Non pare vi siano dubbi sul fatto che la figuratività della Garofalo sia «simbolica», essendo, nei suoi quadri, tutto narrato per simboli; così come non pare vi possano essere dubbi sulla sua «capacità di trasfigurazione fantastica», sulla sua abilità di misteriosa narratrice figurativa; sono connotazioni evidenti della sua pittura, messe in risalto dai critici sin dall’inizio. Non ci sembra si possa fare un mistero, dunque, sulle radici «simboliste» dell’arte di Tonina Garofalo; sono simboliste alcune delle sue linee ondulate, prevalentemente decorative; è simbolista, soprattutto, la sua operazione estetica: il tentativo cioè di rendere visibile, attraverso il segno, l’invisibile, di dare forma alla vita interiore. Eppure, nelle geometrie del quadro finito, di simbolista, rimane ben poco. Non ci si trova, insomma, di fronte ad una citazione, ma, come ha scritto Giuseppe Selvaggi, l’artista Garofalo corre «sul filo dell’invenzione».

Nei quadri di Tonina Garofalo, tutto diviene sogno; quel sogno però, oltre ad inventare, rivela: è «rivelazione della realtà profonda dell’essere, dell’esistenza inconscia» scriverebbe Giulio Carlo Argan se fosse ancora tra noi. Uno dei sogni secolari di Tonina Garofalo è dunque proprio questo: la narrazione di un viaggio che avviene nella memoria, nel ricordo ancestrale dell’evento artistico, un viaggio che ci riporta, attraverso una rielaborazione del tutto personale, all’arte come esplorazione dello sterminato mondo dell’inconscio; viaggio che riporta la nostra immaginazione alla freudiana autonomia della vita psichica, e dunque, per estensione, all’arte come strumento d’indagine dei contenuti e dei processi della mente umana. In questo percorso, il quadro diviene il punto d’incontro tra il mondo soggettivo e quello oggettivo; tra le immagini che emergono dal profondo dell’esistenza psichica e quelle che provengono dalla realtà esterna. Non è un caso che in molti dei quadri della Garofalo si apra una finestra, un vortice o la grata di una balconata; essi rappresentano un confine, al di là del quale, si intravede uno spazio misterioso e fantastico. E non è neppure un caso che nei suoi quadri ricorrano titoli come Schermo, o Sensazioni; lo Schermo è il quadro stesso, che rappresenta il punto d’incontro tra realtà e immaginazione, tra figurazione e astrazione; le Sensazioni, sono quelle che salgono dal mondo interiore della Psiche. Tutto si sovrappone, pur rimanendo distinguibile, spesso, il limite che separa lo spazio al di qua da quello al di là. I richiami alla realtà, che la pittrice suggerisce insinuando nelle sue composizioni una semplice foglia (in L’Autunno, del ’90), un modulo geometrico (come la squadra di Sensazioni 1 e 2, del ’91), un trasparente profilo di donna (in Il colore dello sguardo, del ’95), o quant’altro, a contatto con le atmosfere fantastiche ed indefinite che dominano il quadro, creano una particolare tensione evocativa. E proprio attraverso questa tensione che si esprime, da sempre, l’arte di Tonina Garofalo.

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